domenica 5 giugno 2011

Pensiero di Legalità

Abbiamo conquistato lo spazio, svelato il segreto della vita biologica, trovato energie alternative, possiamo generare artificialmente un uomo, ma ancora oggi nel terzo millennio non siamo riusciti a svincolarci dalla logica del più forte, dalla meschina prepotenza della sopraffazione. Gli eroi sono tutti morti e la giustizia ignorata. Il rispetto e la sovranità della legalità, oggi più che mai, è battaglia di civiltà, lotta di popolo.

Elaborare e diffondere un'autentica cultura dei valori civili rappresenta la sfida più importante per un’umanità che ha voglia di riscatto. Si tratta di una cultura che elegge il diritto come espressione del patto sociale, come unico vero garante di equità. La legalità non è semplice lotta a questa o a quella cosca mafiosa, ma una cosciente acquisizione di una nozione più profonda ed estesa dei diritti di cittadinanza e di quei principi su cui si fonda la civile convivenza: la coscienza della pari dignità dei cittadini, aiuta a comprendere come la vita personale e sociale si fondi su un sistema di relazioni giuridiche, sviluppata dalla consapevolezza che condizioni quali dignità, libertà, solidarietà, sicurezza, non possono considerarsi come acquisite per sempre, ma vanno perseguite, volute e, una volta conquistate, protette.

L'educazione alla legalità si pone non soltanto come premessa culturale indispensabile ma anche come sostegno operativo quotidiano, poiché soltanto se l'azione di lotta sarà radicata saldamente nelle coscienze e nella cultura dei giovani, essa potrà acquisire caratteristiche di duratura efficienza, di programmata risposta all'incalzare temibile del fenomeno criminale. Il rispetto delle leggi comporta un atteggiamento critico e attivo e nasce dalla consapevolezza che, se ingiuste o non più rispondenti alle esigenze del momento, regole, norme e leggi possono essere modificate.

Infatti, educare alla legalità vuol dire in primo luogo praticarla: le regole non devono essere presentate come comportamenti obbligatori, ma devono essere vissute con consapevolezza e partecipazione. Alla testa dell’esercito della legalità non possono collocarsi altri se non quelli che hanno speso anima e corpo in questa lotta di civiltà che oggi come ieri crocifigge e vede ogni giorno nuovi martiri. Lo Stato, deve dunque eleggersi a difensore di questi eroi moderni, che troppo spesso lasciati soli sono vittime di quelle stesse ingiustizie che lottano in nome di una concezione di Stato più alto. Ci mancano i nostri eroi, affettivamente e per l’esempio che trovavamo sempre accanto, che hanno condiviso con tanti, ma sfruttato troppo poco. L’esempio che incarichi pubblici e rigore morale possono stare nella stessa persona. Che coerenza, onestà e obbiettività non sono un optional ma valori da tenere sempre in primo piano.

Che si può continuare a lottare anche dopo la sconfitta dell’impegno e del sogno di una vita. Un esempio che paradossalmente risultava a volte troppo ingombrante anche per loro che hanno fatto del rigore morale la propria vita.

Guglielmo Sidoti // In morte degli eroi, Stoà

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